Sharing economy in Europa
di Renato Soru Team | 25 maggio 2017

Si sta parlando di un settore che, pur esistendo in varie forme nei decenni passati, ha assunto una dimensione consistente solo negli ultimi dieci anni, avanzando in maniera esponenziale con la diffusione capillare degli smartphone e della connettività. Compagnie come Uber e Airbnb detengono ormai il record storico di velocità di crescita, nessuna azienda prima di loro ha mai raggiunto capitalizzazioni così alte in così poco tempo, neanche colossi come Facebook o Google.
Al di là dei casi specifici, la sharing economy è arrivata per restare, i vantaggi per i consumatori sono spesso difficili da ignorare, come lo sono quelli per l’utilizzo più efficiente delle risorse. Per assicurarsi che la sharing economy possa crescere in modo sano, offrendo le sue opportunità tanto a investitori e clienti quanto a coloro che prestano in primis il servizio, è necessario che siano presenti delle regole flessibili, ma in grado di incanalarne il potenziale dirompente.
Dato che spesso la sharing economy è messa in atto tramite la rete, da grandi colossi operanti in più mercati, i singoli Paesi sono spesso in difficoltà nel pensare ed implementare regole efficaci. Sia perché queste rischiano di creare una competizione al ribasso con altri Paesi, sia perché la dimensione può non essere sufficiente a indirizzare cambiamenti di queste dimensioni. Per questo, il punto di partenza naturale del processo di regolazione deve essere europeo, a questo livello infatti si devono individuare dei principi cardine, che permettano a tutti gli Stati una applicazione armoniosa e che impediscano storture anche competitive.
Nel caso dell’Europa questi principi stanno venendo individuati sia dalla Commissione dal Parlamento e dal Consiglio. Si stanno discutendo i modi migliori per assicurarsi che le imprese e i lavoratori del settore competano in modo equo, pagando le tasse e assicurando condizioni di lavoro uguali, evitando che le piattaforme esigano tariffe eccessive per il proprio servizio, ma anche cercando di evitare una battaglia di retroguardia.
L’Europa deve rappresentare un faro di innovazione per il mondo, non combattendo le novità, ma creando un modello innovativo e coraggioso, che accolga i benefici del nuovo limitandone i rischi.