Il Programma Erasmus compie trent’anni: le celebrazioni dell’UE e la forte identità europea in Sardegna

Lo scorso 13 giugno il Parlamento Europeo ha celebrato i trent’anni dell’Erasmus.
Nato come programma di Mobilità studentesca nel 1987, nel corso del tempo ha assunto un’accezione più ampia: si intende istruzione, formazione, sport, socializzazione, entrare in contatto con nuove culture e tradizioni, far parte dell’Unione Europea.
Il progetto, quando venne lanciato la prima volta non ebbe il supporto di strumenti tecnologici come quelli attuali che permettono un enorme diffusione di informazioni, ma nonostante ciò nel suo anno di nascita, 3.244 studenti decisero di trascorrere alcuni mesi in un’università all’estero. Da allora più di 9 milioni di persone hanno potuto studiare, lavorare e conoscere una parte di mondo che in un certo qual senso diviene come una seconda casa. Chi sceglie di partire, amplia il proprio bagaglio personale, riempiendolo di esperienze e competenze.
La generazione Erasmus da trent’anni a questa parte ha scelto di portare avanti una vera e propria rivoluzione coinvolgendo attualmente 33 paesi.
Un’esempio sul territorio italiano è la Sardegna, una delle regioni maggiormente legate a questo programma, dimostrando di avere una forte identità europea. L’Ateneo di Sassari nell’anno 2017 è di fatti al primo posto in Italia con oltre 344mila euro, ottenendo il finanziamento più elevato tra gli atenei italiani per il Programma Erasmus finalizzato alle mobilità per tirocinio. Il riscontro è stato e continua ad essere di notevole portata, facendo sì che l’isola rimanga stabile nella classifica per quantità di flussi in entrata e in uscita, importi delle borse e qualità delle pratiche.
A seguito delle solide basi poste nel corso di questi tre decenni, il Parlamento europeo ha così scelto di celebrare l’Erasmus organizzando una cerimonia di premiazione, alla quale hanno presenziato 33 partecipanti in rappresentanza di ciascun paese aderente al programma.
Tema centrale dell’evento il futuro del progetto, che come ha affermato Petra Kammerevert, Presidente della commissione parlamentare per la cultura e l’istruzione, serve per rafforzare “la tolleranza e il rispetto delle diversità, che costituiscono una grande ricchezza per l’UE”.
I fondi dell’Unione Europea, massima promotrice, vengono stanziati affinché il periodo di mobilità si svolga in maniera idonea alle esigenze di coloro che vi prendono parte. Il programma della durata di sette anni, dal 2014 al 2020, dispone di un budget di 14,7 miliardi di euro, dimostrando come tramite un impegno profuso si possa investire sui giovani europei.
Il Presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani a seguito di ciò ha dichiarato che l’Erasmus “deve essere una possibilità data alle nuove generazioni indipendentemente dal livello di reddito della propria famiglia”, in quanto più il progetto riceve sostegno, maggiori sono le possibilità di una notevole diminuzione del tasso di disoccupazione giovanile.
A dimostrazione di tale tesi vi è uno studio da parte della Commissione europea che mostra come, chi ha svolto un periodo di studio all’estero, ha maggiori possibilità di entrare a far parte del mondo del lavoro, inteso in senso globale, in quanto la percentuale che si possa trovare un impiego in ambito internazionale è pari al 69%, rispetto al 64% di chi ha scelto di non aderire a suddetti programmi.
Ma l’aspetto maggiormente caratterizzante è la crescita personale che avviene all’interno dei nuovi giovani: Erasmus è adattabilità nei confronti di altre culture, maggiore capacità risolutiva dei problemi, apertura mentale, conoscenza di se stessi, è riscoprirsi giorno dopo giorno all’interno di un’Europa che diventa sempre più coesa, dove il futuro sarà costruito dalla nuova generazione Erasmus, consapevole e sempre più europea.